Mentre a New York e in tutti gli Stati Uniti il dibattito sulla costruzione di un nuovo centro islamico a Ground Zero è stato intensissimo, sia in piazza che sui giornali (anche il presidente Obama si è sbilanciato dicendo che sarebbe un passo verso il dialogo interreligioso e culturale), a Milano si respira un'altra aria.
I musulmani residenti a Milano hanno comprato un enorme capannone in periferia. La “Casa della Cultura islamica", associazione nota per il suo profilo moderato, insignita con l'Ambrogino d'Oro dal Comune di Milano, ha chiesto due volte di poter abbattere il capannone e costruire una vera e propria moschea. Il Comune di Milano ha rifiutato. Lascia che i musulmani preghino in un capannone industriale, negando la possibilità di costruire (a spese degli stessi fedeli) una bella moschea. Della serie fate pure, ma rimanete nell'ombra.
Come è possibile che nella New York dell'11 settembre si pensi di costruire proprio al centro della ferita un enorme centro islamico, e nella piccola, provinciale Milano le cose siano a questo punto?
Ce lo spiega con fetido candore l'assessore all'urbanistica Carlo Masseroli: “dal punto di vista edilizio non ci sono irregolarità, il problema della moschea è politico”. Già. È un problema politico.
p.s.: il capannone in questione è intitolato alla Vergine Maria
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