21/03/11

SULLA LIBIA: LE RAGIONI E I DUBBI

Sono felice di riportare una riflessione di Andrea Segre su ciò che sta accadendo in Libia. Condivido pienamente i dubbi e le scelte. E siccome non saprei dirlo meglio... ecco qua:


LIBIA, LA RISPOSTA, LE RISPOSTE

Quando si commettono errori gravi come sostenere dittature fino al punto di elevarli a difensori della propria supposta "civiltà", poi qualsiasi azione si compia, si continuano a compiere errori. Anche quando si prova ad aggiustare la rotta.

Detto ciò, voglio tentare un esercizio di analisi sincero e molto
difficile: rispondere alla domanda "sei d'accordo con questo intervento militare contro Gheddafi?". Non voglio mettermi nella comoda posizione di non prendere posizione, dicendo che comunque è tutto sbagliato. Anche se da più di due anni non ho nessun dubbio che sia tutto sbagliato.

Ci sono quattro posizioni possibili di fronte alla scelta militare della Coalizione contro Gheddafi.
Provo a metterle in ordine di criticità
1. E' un intervento giusto contro il dittatore e per la libertà del popolo libico.
2. E' un intervento giusto a favore della ribellione contro Gheddafi, ma gestito da Paesi colpevoli di aver sostenuto dittature per anni e che ora si accorgono di essere terribilmente in ritardo, senza aver il coraggio di ammetterlo.
3. E' un intervento sbagliato perchè la guerra genera solo guerra e non può abbattere le dittature, anche quelle terribili come quella di Gheddafi.
4. E' un intervento sbagliato perchè gestito dal solito colonialismo imperialista contro un Paese sovrano.

Ci possono essere varie sfumature di intreccio tra le quattro opzioni,  ma queste mi paiono le sintesi più complete.
La complessità sta nel fatto che ognuna di queste quattro posizioni ha sia elementi condivisibili che criticabili. E ciò deriva dal fatto che di base ciò che stiamo vivendo è un intreccio inestricabile di contraddizioni e ambiguità.
La prima è condivisibile nella sua opposizione al dittatore, ma è criticabile nella sua unicità di punto di vista.
La seconda è molto meno acritica, ma evidenzia la ricerca di un equilibrio difficile tra sostegno e accusa.
La terza contiene una denuncia alla violenza militare che è umanamente impossibile accantonare come idealista, ma pecca di ingenuità storica, cancellando il ruolo dell'azione militare in tante lotte di liberazione e resistenza contro regimi dittatoriali.
La quarta sottolinea la continuità di spirito colonialista che nel profondo ancora guida l'Occidente, ma si muove verso una deriva che si avvicina troppo al sostegno a Gheddafi, dimenticando per altro le recenti profonde amicizie di Gheddafi con i poteri del "colonialismo imperialista".

Il punto è che alla faccia di tutte queste complessità critiche, è necessario porsi nella posizione scomoda e odiosa del potere, ovvero di chi deve e può decidere di attivare l'opzione militare. Cosa avreste fatto voi ieri, 20 marzo 2011?
Questa è la prima domanda da porsi oggi. Non è l'unica domanda, sia ben chiaro, ma è quella che genera la scelta e determina la posizione.
Come si risponde a questa domanda?
Sinceramente non ho la più pallida idea di come lo si faccia nella realtà dei palazzi di vetro, cristallo o acciaio che siano.
Ma posso provare a farlo come esercizio di onestà e chiarezza intellettuale.
Per rispondere a quella domanda devo provare a capire due cose: cosa sta succedendo e  cosa voglio che succeda Per sapere cosa sta succedendo o posso andare sul terreno o cerco delle fonti sulla cui indipendenza di ricerca e racconto non ho dubbi.  
Leggo, al massimo ascolto. Non guardo. Non la televisione, ma nemmeno altre immagini in generale. So per esperienza come si confezionano le immagini in guerra e non potrò mai ritenerle utili per comprendere.  
Sono sempre parziali, limitate e pilotate. Quindi leggo. Mi muovo in rete per trovare racconti internazionali che mi aiutino a capire. Non leggo le opinioni e gli opinionisti. Ma leggo chi scrive dal campo, fermandosi con le vite, gli sguardi, le storie delle persone. Cerco quei racconti che mi permettano di immedesimarmi, di provare a sentire nelle mie emozioni cosa significhi una situazione che non sto vivendo o non ho mai vissuto.
Dalle letture che ho fatto penso di aver capito tre cose:
1. la rivolta in Libia è diversa ma inseparabile da quella degli altri Paesi del Maghreb; nasce da una generazione di uomini e donne insieme, che grazie e a causa della globalizzazione ha la forza e la disperazione di ribellarsi a poteri tirannici; poteri che pensavano di poter dormire sonni tranquilli nel perfetto equilibrio tra dittatura e alleanza con interessi nazional-liberisti dell'Occidente. Una rivolta che ha spiazzato tutti i poteri, anche quelli fondamentalisti, arabi, occidentali o orientali che siano.
2. Gheddafi a differenza degli altri dittatori maghrebini aveva mantenuto un controllo clanico-familiare dell'apparato militare (come di tutti gli altri apparati, quali la polizia, la giustizia o l'economia petrolifera), evitando di distribuire potere e tenendo lontane le ingerenze diplomatiche internazionali. Questo gli ha dato la possibilità di non cedere alle pressioni delle rivolte, ma di scatenare la violenza contro di esse, puntando sul disorientamento dell'Occidente e sulla fedeltà e la brutalità del suo clan militarizzato.
3. A guerra scatenata non appoggiare i ribelli significa sia accettare la violenza del clan militare di Gheddafi contro migliaia di esseri umani sia consegnare i ribelli a sostegni di altri poteri, ben disposti a finanziare le rivolte per ottenere sviluppi a proprio favore; e tra questi poteri vi è sicuramente anche il fondamentalismo islamico armato.

Detto ciò mi chiedo cosa vorrei succedesse.
Vorrei che la dittatura di Gheddafi finisse come le altre del Maghreb.
Che la sua caduta generasse altre cadute in altri paesi arabi.
Che le non più nascondibili colpe dei paesi occidentali nei confronti di quelle dittature fossero il punto di non ritorno per il cambio delle politiche internazionali nel Mediterraneo, a partire da quelle sulle migrazioni.

Se unisco tutti questi elementi io il 20 marzo 2011 avrei detto sì all'azione militare di attacco alle postazioni militari di Gheddafi e di sostegno all'azione dei rivoltosi.
E così oggi 21 marzo 2011 lo dico.
E aggiungo tre richieste molto chiare:
1. Che l'azione militare si fermi non appena sia chiaro che lo scopo di azzeramento delle forze di Gheddafi sia raggiunto (e non ci vuole molto, anzi) e non conduca ad un'invasione via terra.
2. Che l'intervento militare non possa in alcun modo cancellare le responsabilità occidentali. Questa terribile storia segnata da ipocrisie, ambiguità, falsità, ritardi e distrazioni deve diventare passaggio storico per rivoluzionare la posizione occidentale rispetto all'altra sponda del Meditterraneo. La storia deve sapere che abbiamo agito perchè abbiamo sbagliato, non perchè avevamo ragione. Per ricordarcelo, basta avere ben chiara in mente una sola delle disumane pagliacciate del Cavaliere col Colonello. Una sola.
3. Che all'azione militare si affianchi un'azione forte e molto aperta di accoglienza, che isoli le vergogne xenofobe che albergano nella pancia vecchia dell'Europa. Stanno cadendo sanguinosamente le dittature di cui siamo stati alleati. Ora dobbiamo prenderci la responsabilità della vita dei loro cittadini. Sarà costoso e complesso, ma è nostra diretta responsabilità. I vari signori della paura, leghisti in testa, vanno attaccati e isolati esattamente come Gheddafi. Sono della stessa pasta. E contemporanemante vanno evitate situazioni disumane come quelle di Lampedusa. I Lampedusani hanno ragione: i profughi devono essere accolti altrove, non in una piccola isola priva di strutture. Ovunque, in tutte le regione italiane e se necessario europee. Senza se e senza ma. E con dignità e rispetto. E'  il primo passo per un nuovo dialogo col Meditterraneo. Altrimenti ci rimarrà solo il turpe arroccamento degli animali padani.

Senza queste tre condizioni l'azione militare diventa inaccettabile e si trasforma in atto di ingerenza, di puro interesse e di demagogia.
Con queste tre condizioni l' azione oggi è necessaria.
Era meglio non arrivarci.
Ma oggi, 21 marzo 2011, è così.
Ahinoi.



P.S. MI fermo subito dopo a pensare. Perchè allora ero contrario ai bombardamenti contro Milosevic, pur essendo fortemente contro Milosevic? Perchè non appoggiavano una rivolta di popolo o una resistenza contro una dittatura, ma un'istanza nazionalista  ed etnico- separatista (quale poi è stata); perchè erano finalizzati all'occupazione militare e alla costruzione di un protettorato (quale tutt'ora è); perchè non avevano avuto alcuna risoluzione delle nazioni unite prima dell'attacco.

P.S. 2 E' limitante leggere gli eventi internazionali con la lente miope della politichetta italiana. Ma mi concedo due righe per farlo.  
Per dare un piccolo consiglio all'opposizione:  visto il suo ruolo centrale in questa fase a causa della totale impresentabilità del nostro premier, chiedete a Napolitano (e potete farlo) di dire chiaramente che l'Italia ha sbagliato profondamente nei rapporti con la Libia, che sono stati commessi errori politici e umani inaccettabili e che oggi bisogna agire in direzione opposta per prendersi le proprie responsabilità, tra le quali vi è anche quella dell'accoglienza dei profughi. E poi dico con chiarezza che chiunque non fosse d'accordo con queste frasi dovrebbe dimettersi da ruoli istituzionali (politici dell'opposizione compresi, ovviamente).

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