I fatti di Rosarno sul palcoscenico con Beppe Casales |
di Laura Santini |
Ad un anno di distanza una sintesi su immigrazione, 'ndrangheta e collusione mafia-stato. 'La spremuta': un monologo di teatro politico. Sabato 15 al Sipario Strappato |
Dal Vajont a Ustica (I-Tigi) di Marco Paolini, o da Olivetti a Mattei (ne Il signore del cane nero) di Laura Curino, il teatro di narrazione civile ha portato in scena la storia recente, permettendoci un esclusivo approfondimento tra notizie, spesso frammentarie perché disperse, e non ancora trasformate in Storia dai libri scolastici. Tutto quello che succede nel tempo a ridosso dell'oggi, abbiamo certo una chance di scovarlo tra alcuni acuti saggi, ma in teatro la storia presentata come un racconto orale (una tradizione che si perde nella notte dei tempi) recupera la molteplicità di dimensione tipica della vita e la tridimensionalità dei personaggi: voci, corpi, azioni/reazioni. Beppe Casales, attore veneto da un anno e mezzo a Genova, sta percorrendo una strada simile in quello che preferisce chiamare «teatro politico, più che civile» che «sappia mettere in relazione cose che raramente la cronaca ci propone», sarà al Piccolo Teatro del Sipario Strappato di Arenzano con il suo nuovo monologo, La spremuta - solo sabato 15 ottobre 2011, ore 21 - lo spettacolo fa parte della prima rassegna della rete Teatro Indipendente Ligure TILT.
La spremuta ci riporta a circa un anno e mezzo fa, al 7 gennaio 2010, quando i migranti che lavorano a Rosarno, alla raccolta delle arance, si ribellano. Gli africani dopo anni di violenze e sfruttamento reagiscono. In due giorni: scontri con la polizia, caccia al nero, e infine lo sgombero. I media sottolineano che la mafia non c'entra. Ma la mafia c'entra eccome, non solo in Calabria. Perché tra le tante faccende hai scelto proprio di concentrarti sui fatti di Rosarno? «Rosarno è singolarmente l'episodio in cui si concentrano tre nodi fondamentali che stringono al collo l'Italia, e che prima o poi bisognerà avere il coraggio di sciogliere: il rapporto coi migranti, la mafia e il concetto di lavoro».
La spremuta, primo appuntamento della rassegna della rete TILT, rappresenta anche un lavoro creato in collaborazione. «È vero, normalmente lavoro da solo - afferma Beppe Casales - ma per questo nuovo monologo ho chiesto il patrocinio a Libera perché avevo partecipato a una delle loro Carovane antimafia, dove avevo conosciuto persone come la moglie di Borsellino e Don Ciotti. D'altra parte rete Radici di Rosarno è l'associazione che ha prodotto un dossier molto dettagliato - disponibile online - che raccoglie testimonianze intorno a quello che è successo prima e dopo. Dalla lettura del dossier diventa chiaro che le violenze sono andate avanti per 20 anni, quindi non c'era molto di cui sorprendersi di fronte alla rivolta. Un'altra collaborazione per questo lavoro è nata con la compagnia Narramondo, semplicemente perché abbiamo una linea di teatro comune ed è sembrato naturale procedere insieme».
'Ndrangheta, migranti «più mi informavo più mi conquistava» poi la storia è nata creando due personaggi Daniel e Antonio: «non avevo né tempo né mezzi per andare in Calabria per fare uno studio sul territorio e interviste. Quindi ho passato sei mesi lavorando sul libro di Fabrizio Gatti, Bilal e altri materiali cartacei. Daniel, un ragazzo africano e Antonio Berlocco, un italiano, sono personaggi reali (Antonio è in carcere) ma in parte anche di fantasia, ovvero entrambi esistono ma gli faccio fare o dire anche altre cose: sono figure emblematiche». Anche l'infinita costruzione della A3 Napoli-Salerno-Reggiocalabria entra in gioco nel racconto in una serie di brevi citazioni da quotidiani «che ce ne ricordano i contorni di una bugia reiterata che coincide con una tassa che continuiamo tutti a pagare alle famiglie mafiose. Nel monologo mi serve da esempio, come fa anche Paolini, per spiegare certe cose complesse servono esempi e questo è perfetto, semplice e allo stesso tempo enorme per tracciare i contorni della collusione tra mafia e stato. Un vitalizio garantito da 50 anni che finisce spesso in cronaca tra le notizie di viabilità o in quelle di costume, ma è ben più grave».
In scena tu e le arance... «sì e come sulla locandina la spremuta non è solo quella che faccio in scena e non si tratta di evocare solo le arance raccolte dai migranti, ma dire che ad essere spremuta è l'Italia tutta. Da troppo tempo l'Italia ha infatti deciso di non approfittare di intelligenze, senza distinguere tra migranti e italiani, mentre la 'ndrangeta succhia allo stato 44miliardi l'anno, ogni anno e mentre 4,5 milioni di lavoratori stranieri sono regolari... insomma c'è una schizofrenia rispetto alle persone che rappresentano un'opportunità per il nostro paese e quello che il nostro paese, per mancanza di lucidità non riesce a reagire allo stato di fatto. Tra i temi toccati dalla narrazione, c'è anche il razzismo: una riflessione su come noi italiani reagiamo anche nelle piccole cose verso gli stranieri. È un atteggiamento tragicomico il nostro, a volte fa davvero ridere».
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