Se solo le persone pensassero ai dubbi. Alla vita emotiva degli altri, di tutti gli altri. Guardare le persone e pensare: forse sta vivendo il mio stesso dolore, il mio dubbio, forse soffre la mia stessa fragilità. E al contrario: forse sta vivendo un momento di bellezza, di grazia, un momento che può contagiare la mia vita.
In culo al pensiero dominante della forza, della ragione, dei numeri, della maggioranza.
Le persone sono minoranza a prescindere: ognuno vale per sé stesso e per ciò che può essere per gli altri.
Senza arroganza, certezza, richiesta. “Chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche”.
Ma proprio di poesia stiamo parlando: siamo tutti piccoli, unici, vivi.
Con una tale mole di schifezza che è già molto se pensiamo agli altri come esseri umani degni della nostra attenzione.
Le persone sono diverse. La scienza ci dice che la diversità è l'unica cosa che ci lega tutti. La normalità è un concetto stupido. La vita offre troppe variabili per pensare che una persona sia uguale all'altra. Che le cose debbano andare in un modo e non in un altro.
È la natura che ci getta in faccia tutto, ci fotte con la sua diversità, ci provoca, lo fa apposta. Ci mette di fronte ogni giorno persone diverse. E noi abbiamo lo sguardo stupido di chi sa già tutto. Di chi pensa che l'esperienza esaurisca le possibilità di conoscenza.
Sta a noi, sta solo a noi dire: fammi sapere cos'hai da dire: accarezzami la testa: spaccamela: fammi arrabbiare: contesta tutto quello in cui credo: solo così potrò dire di vivere veramente.
Il mio desiderio è di essere di fronte a ciò in cui non credo. Voglio rimanere serio di fronte a ciò che pensavo ridicolo. Voglio non annoiarmi più di fronte a persone vive. Voglio riconoscere la fragilità di tutti gli altri per farne qualcosa di grande.
Voglio piangere di gioia riconoscendo tutti gli sforzi che tutti fanno per andare verso gli altri.
Siamo uomini e donne.
Esseri potenzialmente così commoventi che quasi spaventa.
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