05/12/09

INTERVISTA SU SALUD

Pubblico la bellissima intervista che mi ha fatto Marianna Norese prima delle date genovesi di Salud. L'intervista è stata pubblicata su Mentelocale.it


'Salud': la guerra civile spagola secondo Beppe Casales

La premessa a Salud, one man show ispirato alla guerra civile spagnola, è che il teatro deve avere un valore politico: «con politico non intendo uno schieramento o qualcosa di partitico o ideologico, ma che parla per cercare di smuovere qualcosa in chi ascolta» mi racconta l'autore e protagonista Beppe Casales davanti a un bicchiere di Tre muli.
Per fare questo avresti potuto parlare di molte cose, invece hai deciso di parlare della guerra civile in Spagna. «L’ho studiata all’università. È una storia conosciuta da pochi. La rivoluzione degli anarchici, poi, praticamente da nessuno. Settanta anni fa c’è stata una rivoluzione popolare che ha coinvolto migliaia di persone in Spagna. Raccontare la storia di persone che non avevano nulla e hanno agitato per ottenere quello di cui avevano bisogno per essere felici credo sia una storia che vada tramandata, da raccontare a chiunque. La cosa strana che non avevo preventivato è che, pur essendo uno spettacolo autoprodotto che gira nei circuiti off, Salud ha avuto quasi sessanta repliche in due anni».
In scena il corpo-voce di Beppe in un racconto di quell’epoca scritto da lui. «Il testo dello spettacolo è stato pubblicato quest’anno da Libertà Edizioni, una piccola casa editrice di Lucca. Non ho trovato spunti letterari che raccontassero la storia come volevo raccontarla io».
Come volevi raccontarla tu? «Volevo arrivare alla guerra civile partendo da molto prima. La Spagna è stato l’unico paese in cui non si è sviluppato il socialismo e il comunismo, ma l’anarchia. Volevo raccontare quello che è successo avendo chiara la premessa». Il risultato è una scrittura originale figlia della lettura di Omaggio alla Catalogna di George Orwell e de La breve estate dell’anarchia. Vita e morte di Buenaventura Durruti di Hans M. Enzensberger.
Nel monologo racconti la storia degli anarchici o ne prendi anche il punto di vista? Mi guarda con un sorriso: «sì, dai, la racconto anche dal loro punto di vista. A un certo punto mi lascio scappare un noi. Oggi la generazione dei nipoti degli anarchici rivoluzionari vuole riconoscere i propri morti. Stanno ricercando le fosse comuni fatte da Franco. Il governo Zapatero sta facendo i conti con questa storia che ha fatto più di un milione di morti».

Appoggio la penna. Beppe ripensa all’intervista: «detta così però sembra troppo intellettuale». Dimmi qualcosa di non intellettuale. «Ci sono anche momenti comici. In questo senso la scuola di Marco Paolini è utile. È riuscito a raccontare storie devastanti senza perdere in leggerezza. L’aspirazione è quella di raccontare una storia facendo sia ridere che piangere».
Cosa c’è nella valigia di scena di Salud? «Due cartine geografiche: una di Barcellona e una dell’Europa. E un libro, La Spagna nel cuore, di Pablo Neruda».

Forme servili o anche soltanto cerimoniose del parlare erano temporaneamente sospese. Nessuno diceva “Señor” o “Don” e nemmeno “Usted”; ognuno chiamava gli altri “compagno” usando il “tu” e diceva “Salud!” invece di “Buenos dìas”. (Omaggio alla Catalogna, G. Orwell, 1938)

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