LA SPREMUTA

LA SPREMUTA
di e con Beppe Casales

Il 7 gennaio 2010 i migranti che lavorano a Rosarno si ribellano. Gli africani dopo anni di violenze e sfruttamento reagiscono, fanno ciò che gli italiani non fanno da anni: alzano la testa. In due giorni si consuma tutto: scontri con la polizia, la caccia al nero, e infine lo sgombero. I media nazionali sottolineano che la mafia non c'entra. Ma dire che la mafia non c'entra in Calabria è una bugia. La mafia c'entra eccome, non solo in Calabria.
Nei fatti di Rosarno si concentrano tre nodi fondamentali che stringono al collo l'Italia, e che prima o poi bisognerà avere il coraggio di sciogliere: il rapporto coi migranti, la mafia e il concetto di lavoro.
L'Italia è spremuta da mani violente, da molte mani. Il coraggio di chi non vuole più girare la testa, di chi pensa che vivere esiga più dignità deve essere imitato, non temuto.

Lo spettacolo è patrocinato da Libera e rete RADICI/Rosarno
e fa parte di TEATROCIVILENETWORK un progetto di AVVISO PUBBLICO

Lo spettacolo è stato selezionato per la "Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo di tutte le vittime innocenti delle mafie" 2012 e 2013 e per il Torino Fringe Festival 2013.

Lo spettacolo ha vinto il premio "LiNUTILE DEL TEATRO" 2013.






PRIMA RAPPRESENTAZIONE: 29 marzo 2011 @ Teatro a l'avogaria (Venezia)

LE ALTRE REPLICHE
30 marzo 2011 @ Flat (Mestre)
2-3 aprile 2011 @ Carichi Sospesi (Padova)
9 aprile 2011 @ Fuoriposto (Mestre)
14 aprile 2011 @ Ho Chi Minh (Pistoia)
28 aprile 2011 @ Wallenda (Trento)
29 aprile 2011 @ Libera (Modena)
13 maggio 2011 @ CSO Pedro (Padova)
17 maggio 2011 @ Univillage (Trieste)
18 maggio 2011 @ Arci Miss Kappa (Udine)
27 maggio 2011 @ Cso Kontatto (Ancona)
3 giugno 2011 @ Festival Interazioni (Rimini)
17 giugno 2011 @ Rubano (Padova)
19 giugno 2011 @ Sherwood Festival (Padova)
24 giugno 2011 @ Maceteatro (Bari)
29 luglio 2011 @ Campeggio Resistente (Cuneo)
19 agosto 2011 @ Blancanfest (Carrara)
21 agosto 2011 @ Giardini sospesi (Padova)
11 settembre 2011 @ Padova
21 settembre 2011 @ Arci Dallò (Castiglione delle Stiviere)
24 settembre 2011 @ TILTEATRO (Genova)
30 settembre 2011 @ Arci Camalli (Imperia)
7 ottobre 2011 @ Santarcangelo di Romagna (Rimini)
14 ottobre 2011 @ Circolo Pantagruel (Casale Monferrato - Alessandria)
15 ottobre 2011 @ Teatro Sipario strappato (Arenzano - Genova)
22 ottobre 2011 @ Libera Valleccamonica
30 ottobre 2011 @ Arci Acropolis (Vimercate)
11 novembre 2011 @ CSOA Oltrefrontiera (Pesaro)
25 novembre 2011 @ Circolo degli artisti (Roma)
30 novembre 2011 @ Autaut 357 (Genova)
3 dicembre 2011 @ Circolo Brusciana (Empoli)
9 dicembre 2011 @ Festa tesseramento Anpi (Monza)
27 dicembre 2011 @ Random (Reggio Calabria)
28 gennaio 2012 @ Arcadia (Schio - Vicenza)
11 febbraio 2012 @ Bergamo
16 febbraio 2012 @ Cantiere sociale Camilo Cienfuegos (Campi Bisenzio - Firenze)
18 febbraio 2012 @ Teatro del cerchio (Parma)
2 marzo 2012 @ Laboratorio Sociale (Alessandria)
3 marzo 2012 @ Cuneo
17 marzo 2012 @ Genova per la giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime di mafia
18 marzo 2012 @ Teatro dei leggeri - San Gimignano (Siena)
21 marzo 2012 @ Bergamo
24 marzo 2012 @ Teatro Comunale (Gonzaga - Mantova)
1 aprile 2012 @ Lab AQ 16 (Reggio Emilia)
16 aprile 2012 @ Cicco Simonetta (Milano)
28-29 aprile 2012 @ Teatro dell'acquario (Cosenza)
8 maggio  2012 @ Albino (Bergamo)
15 giugno 2012 @ Happening delle Cooperative sociali (Bergamo)
29 giugno 2012 @ Parco in vita (Agrate - Brianza)
30 giugno 2012 @ Festa Alternativa Libertaria (Sestri Levante - Genova)
19 luglio 2012 @ San Paolo d'Argon (Bergamo)
20 luglio 2012 @ Festival teatrale dell'antico acquedotto (Genova)
8 agosto 2012 @ Colico (Lecco)
28 settembre 2012 @ Settimana Africana Regionale (Fano)
14 ottobre 2012 @ Sos Fornace (Rho - Milano)
19 ottobre 2012 @ Caravaggio (Bergamo)
23 novembre 2012 @ Teatro Portland (Trento)
5 dicembre 2012 @ La Claque - Teatro della Tosse (Genova)
12 dicembre 2012  @ Santarcangelo di Romagna
15 dicembre 2012 @ Teatro Comunale di San Giorgio (Mantova)
12 gennaio 2013 @ Teatro Bixio (Vicenza)
19 febbraio 2013 @ Spazio ExFila (Firenze)
1 marzo 2013 @ Scanzorosciate (Bergamo)
15 marzo 2013 @ Teatro Scientifico (Verona)
16 marzo 2013 @ Firenze per la giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie 2013
7 aprile 2013 @ Casa Cantoniera (Parma)
12 aprile 2013@ Isola Condorito - Margarita(Cuneo)
14 aprile 2013@ Cattolica (Rimini)
4-12 maggio 2013 @ Torino Fringe Festival
14 maggio 2013 @ Bolzano
22 maggio 2013 @ Alba
11 ottobre 2013 @ Sagrado (Gorizia)
13 ottobre 2013 @ Brunico (Bolzano)
8-9 novembre 2013 @ Milano - Teatro Officina
10 novembre 2013 @ Padova - Premio LiNUTILE DEL TEATRO
15 novembre 2013 @ Genova - Teatro Altrove
7 dicembre 2013 @ Sondrio
8 dicembre 2013 @ Circolo Randal (Sestri Levante)
13 dicembre 2013 @ Crotone
11 gennaio 2014 @ Teatro del pane - Villorba (Treviso)
11-15 febbraio 2014 @ Torino - Schegge al cubo
15 marzo 2014 @ Pontremoli (Massa)
21 marzo @ Pioltello (Milano)


info e richieste: beppe.casales@gmail.com


LA LOCANDINA


RECENSIONI E INTERVISTE

Tgr della Calabria del 13/12/2013


Premio LiNUTILE del Teatro – La Spremuta

"La Lega non è razzista, perché le razze umane non esistono."
PUBBLICATO IL DA 
http://www.conaltrimezzi.com/premio-linutile-del-teatro-la-spremuta/

Beppe Casales racconta la storia di due vite molto differenti tra loro, che finiscono per incontrarsi durante la rivolta dei migranti a Rosarno, nel gennaio 2010. Uno spettacolo forte e caldo, sempre efficace e a tratti divertente, che in un’ora riesce a toccare temi importanti come la mano della ‘Ndrangheta in Calabria, le carceri in Libia dove i prigionieri vengono torturati, l’odio leghista e la negligenza dei giornalisti italiani.
Primo spettacolo della ressegna Premio LiNUTILE del Teatro, del Teatro de LiNUTILE
È l’8 gennaio del 2010. A Rosarno fa freddo, e c’è una rivolta in corso. Neri contro bianchi, come in una partita a scacchi giocata per rabbia e disperazione. In una strada semideserta, si incrociano gli sguardi di due giovani, nati entrambi nel 1980, ma con molte differenze: uno sradicato e vagabondo e l’altro profondamente radicato, uno prepotente e volitivo e l’altro piegato da anni di sofferenza e schiavitù. Antonio, bianco, criminale e intoccabile, e Daniel, nero, innocente e senza alcun diritto di esistere.
Quello che è successo prima, in Africa e in Italia, quei percorsi nello spazio e nel tempo che hanno portato a questo momento, il momento in cui Daniel e Antonio si guardano, e due carabinieri devono decidere da che parte starà questa volta la giustizia, è la sostanza del racconto di Beppe Casales. Il quale con una voce gentile dai molti accenti costruisce la narrazione, stende i fili delle esistenze, e infine li annoda in un unico intrico indissolubile e insolvibile, un concentrato di istinti, paure, sofferenze.
La voce calda e la gestualità a volte soffice, a volte esplicita fino alla crudezza, avvincono e inchiodano, tengono letteralmente con il fiato sospeso per tutta la durata dello spettacolo. I colori caldi del tavolo di legno e delle arance (i soli oggetti sulla scena insieme a uno spremiagrumi anch’esso giallo, un bicchiere e una bottiglietta d’acqua) consentono di concentrarsi sul fluire delle parole e di lasciarsi portare via.
Daniel Allen è un giovane nato in Nigeria, che insegue il sogno di andare a terminare l’Università in un Paese in cui le tasse costino meno che nel suo. Decide di andare in Italia perché qualcuno gli ha detto che gli Italiani sono gentili. Attraversa il deserto e la Libia e viene più volte arrestato e torturato, viene portato nella prigione di Mişrātah, infine riesce a imbarcarsi e giunge a Lampedusa, poi a Rosarno. Non sa quasi nulla dell’Italia, e nemmeno cosa sia la ‘Ndrangheta.
Antonio Bellocco è nato a Rosarno, figlio di ‘ndranghetisti, e mafioso a sua volta. L’Italia in quegli anni assiste al boom della Lega, che forte del consenso popolare alza i toni e si scaglia con violenza contro gli stranieri. (Ma la Lega, dice Casales, non è razzista, perché le razze umane non esistono.)Nel frattempo, a sud, le mafie controllano indisturbate il territorio: la storia più emblematica è quella, infinita, della costruzione dell’A3 Salerno-Reggio Calabria.
A Rosarno centinaia di stranieri come Daniel raccolgono le arance rosse. Gente che ha affrontato il dolore e la morte, che ha camminato sospesa sul limite per mesi, forse anni, prima di arrivare in Italia. Gente che ha dovuto compiere la scelta di salire su una barchetta fatiscente solo perché l’alternativa al Mediterraneo, una volta giunti alle sue coste, è il carcere libico o la morte nel deserto. Ora alcuni di loro sono qui, nel nostro sud, a raccogliere arance o pomodori in condizioni prossime alla schiavitù.
Nel 2008 a Rosarno nasce una manifestazione spontanea e pacifica. In seguito a questo, due giovani africani vengono uccisi per strada: è la rappresaglia della ‘Ndrangheta. E a quel punto si rompe qualcosa. La rabbia monta e dilaga, e gli stranieri tornano a riversarsi nelle strade, ma questa volta, armati, iniziano ad incendiare e spaccare. A loro volta, coloro che controllano il territorio escono dalle loro case armati. A questo punto, con l’incontro tra Daniel e Antonio, la storia si conclude.
Casales alterna con maestria drammaticità e momenti comici, a tratti misurando e a tratti esasperando i gesti e i toni. Il resoconto dei fatti è accurato e si basa su dettagli precisi, e mira a individuare le cause, le radici di ogni fatto. Come dichiara lo stesso Casales, la sua intenzione è seguire il solco tracciato da Marco Paolini, e infatti il suo è puro teatro di narrazione, in cui la costruzione del racconto e il ritmo della recitazione sono interamente affidati all’abilità dell’attore-autore. A partire dalla nascita di Daniel e Antonio, i fatti si concatenano e tutto sembra collegato: la costruzione della Salerno-Reggio Calabria, le prime elezioni in cui la Lega prende molti voti, i rapporti omertosi tra Italia e Libia al tempo di Gheddafi, le piccole vicende di razzismo che si manifestano nel nostro Paese.
Tutto precipita, necessariamente, verso la conclusione, ovvero il momento in cui Antonio e Daniel si fronteggiano pronti a colpirsi e forse uccidersi a vicenda. Tutto è legato dal filo rosso della spremuta di arance. Forse perché spremere delle arance con lo spremiagrumi è un gesto semplice, familiare e salutare, un gesto che esprime cura; perché dietro a questo gesto per noi semplice e familiare si nascondono storie complesse e lontane nel tempo e nello spazio, storie che noi non conosciamo perché chi ha il compito di informare non si prende la responsabilità di svelare i meccanismi veri e nefandi su cui si fonda il nostro Paese.
O forse, più semplicemente, la spremuta è il simbolo universale di un meccanismo che sembra sopraffare questi uomini, “spremuti” all’interno di qualcosa di incontrastabile e disumanizzante come la ‘Ndrangheta, l’odio immotivato, o il destino.


RECENSIONE DI ANDREA POCOSGNICH DEL 17/05/2013 SU TEATROECRITICA.NET

La piccola platea ricavata nei locali del Rainbow è colma, qualche minuto dopo Beppe Casales inizia a spremere le sue arance; chi abbia letto la sinossi dello spettacolo è già costretto a fare i conti con una metafora che stringe lo stomaco, un gesto usuale che condensa uno dei tanti drammi italiani. È la schiavitù dei raccoglitori di arance in Calabria, evocata in un confronto tra la storia di due ragazzi: uno nasce in Liberia e l’altro a Rosarno, uno parte col sogno di studiare in Italia, l’altro ha cucito addosso sin da piccolo un destino da ‘ndranghetista. Nella Spremuta di Casales la forma si fa invisibile per far emergere il contenuto, alla tragedia dei fatti di Rosarno viene opposto un certo candore recitativo, una sincerità scevra di pietismi. E la realtà prende fuoco per autocombustione.

http://www.teatroecritica.net/2013/05/il-multiforme-panorama-teatrale-del-fringe-festival-torinese/


RECENSIONE DI MONICA BONETTO SU SISTEMATEATROTORINO

“La spremuta”, scritto e recitato da Beppe Casales. E’ puro teatro civile, ne ha l’impatto, la forza, la documentata, inattaccabile precisione nell’allineare fatti, antefatti, nomi e date. A tutto ciò si aggiunga la capacità affabulatoria dell’interprete, un impasto originale di eco paoliniane (nel senso di Marco) e di tempi comici rossiani (nel senso di Paolo) per narrare la rivolta che nel gennaio del 2010 infiammò Rosarno, in Calabria, ed ebbe per protagonisti i migranti che raccoglievano le arance. Una storia di razzismo, stupidità e mafia che non ha avuto gli onori del passaggio televisivo ma che li meriterebbe appieno.

http://comune.sistemateatrotorino.it/?p=4212


RECENSIONE DI ANDREA CIOMMIENTO DEL 18/05/2013 SU PAC

Scopriamo la freschezza dinamica de La spremuta di Beppe Casales. La narrazione inizia dal mercato delle “arance di Sicilia” e della loro parziale origine siciliana; il paradosso fa approdare in Calabria a Rosarno nei giorni della rivolta degli immigrati contro la ‘Ndrangheta e uno Stato inesistente. L’orazione civile è netta, incisiva e di sostanza, alleggerita dal ritmo e dalla qualità di sguardo dell’attore in scena.
http://paneacquaculture.net/2013/05/18/torino-fringe-festival-quando-unidea-nasce-storta/


RECENSIONE DI EMANUELA DAL POZZO DEL 18/03/2013
USCITA SU TRAIETTORIE.ORG

LA SPREMUTA
Mentre voci fuori campo commentano i fatti avvenuti a Rosarno il 7 gennaio 2010, l' unico attore in scena spreme delle arance. Così comincia lo spettacolo “La spremuta”, in scena il 15 marzo 2013 all'Arsenale, nella sede delTeatro Laboratorio di Verona, di e con Beppe Casales , nel quale le arance rappresentano il lavoro dei migranti di Rosarno e la spremuta simboleggia lo sfruttamento del loro lavoro e delle loro energie.

Casales è una piacevole sorpresa attoriale per quanti già non lo conoscono, sanguigna e passionale come raramente in Italia si vede, capace di coinvolgere il pubblico nel ribaltamento di tesi fondate su testimonianze distorte e sul dilagare ingiustificato e vergognoso di pregiudizi.

Lo spettacolo ha da subito il sapore della denuncia/testimonianza e ribalta in modo documentato e circostanziato le reali motivazioni che hanno portato i migranti di Rosarno alla rivolta.

Casales lo fa raccontando la storia di due coetanei, lì in quei giorni a Rosarno.

Racconta il difficile e tormentato viaggio verso l'Europa di Daniel Allen, nigeriano, fino all'arrivo a Rosarno all'epoca dei fatti e i maltrattamenti, le umiliazioni, la riduzione in schiavitù che condivide con gli altri migranti , e la crescita di Antonio Bellocco, un figlio della 'ndrangheta, da sempre abituato ad usare le maniere forti per piegare gli altri al suo volere.

Sono due vite parallele, a confronto, già in anticipo segnate dal destino, che solo alla fine quasi casualmente incontrandosi, entrano in collisione, senza modificare, pare, il corso “naturale” delle cose, che stabilisce già in anticipo chi è il buono e chi il cattivo.

Emerge subito, dalle registrazioni televisive del tempo, dai commenti della gente e dalle interviste dei politici chi ha ragione e chi torto, nelle due famose giornate di rivolta del gennaio 2010 a Rosarno, nelle quali i migranti hanno preso spranghe e bastoni iniziando una rivoluzione civile. Nessuno dice e forse la popolazione non sa (o finge di non vedere) le condizioni disumane di vita in cui si trovano i manifestanti, arrivate al culmine con l'ennesimo omicidio gratuito, che quasi ogni anno avviene negli aranceti, durante la raccolta, insieme alle numerose gambizzazioni.

Alla fine i migranti verranno mandati in altre zone, per non turbare l'ordine pubblico.

Chiedo a Casales di dove sia originario, finito lo spettacolo.

A parte la pregnanza dei contenuti che di per sé non possono lasciare indifferenti nella descrizione delle torture cui vengono sottoposte donne in cinta nelle prigioni libiche, piuttosto che famiglie intere sequestrate e stipate nei container per giorni a temperature impossibili, scontando l'unica colpa di avere creduto in un futuro migliore, sono colpita dalla sua capacità interpretativa. Mi dice con mio stupore che è padovano. Mentre penso che la sua carica mi ricorda il teatro sudamericano penso anche che siamo entrambi fortunati: siamo nati dalla parte “giusta”.... O no?

Lo spettacolo “La spremuta” ha debuttato il 29 marzo 2011 al Teatro a l'Avogaria di Venezia e ora conta più di 60 repliche in tutto il territorio nazionale. E' patrocinato da Libera e da rete RADICI/ Rosarno e fa parte diTeatrocivilenetwork.

Emanuela Dal Pozzo




INTERVISTA DI AGOSTINO PANTANO - CORRIERE DELLA CALABRIA



RECENSIONE DELLO SPETTACOLO PUBBLICATA SULLA RIVISTA "ARTEFICI"
di Silvia Macolino

Contro il costume dell'occultamento e dell'oblio, diffuso ormai capillarmente nella nostra società, l'attore veneto Beppe Casales mette in scena al Teatro a l'Avogaria la prima de "La spremuta", uno spettacolo che riporta alla memoria fatti recenti su cui è già calato il sipario.
Siamo a Rosarno e il 7 gennaio 2010 i migranti africani, dopo anni di sfruttamento negli agrumeti, rompono finalmente un silenzio durato troppo a lungo e iniziano 'la rivolta delle arance'. Alla Storia si intrecciano le vicende di due ragazzi, uno calabrese, figlio della 'ndrangheta, l'altro nigeriano, figlio del caso. E' il resoconto di un'Italia troppo a lungo spremuta da mani avide e prepotenti, generatrici di turpi misfatti e nefandezze trasversali alle classi politiche di tutti i momenti storici nazionali. Rosarno è lo specchio di un Paese in cui il potere troppo spessa strizza l'occhio alla mafia. Ma è solo una delle tante realtà italiane. La gravità delle vicende come quelle raccontate da Casales è acuita dalla pratica corrente che sostituisce in breve tempo alla visibilità mediatica un meccanismo di rimozione, a cui ormai la memoria collettiva è assuefatta. La lucida e ben congegnata testimonianza di Casales si inserisce nel panorama di un teatro civile vitale, che fa quello che dovrebbero fare gli storici, la politica e i mezzi di comunicazione: salvaguardare la memoria nazionale. La parola di Casales ha il potere eversivo di risvegliare una coscienza civica sopita e ottusa. Il suo teatro è il riflesso di un'Italia che ha il coraggio e il piacere di non dimenticare.